Annamaria Braccini
«Dare buone ragioni per sperare, laddove vediamo una specie di stanchezza nella nostra città. Milano è un luogo promettente in cui gli aspetti scientifici e le potenzialità tecnologiche vengono sviluppate. Qui, però forse non c’è il desiderio di futuro: il futuro è visto come una specie di minaccia e di destino da esorcizzare. L’impressione di questa forma esausta di umanesimo contemporaneo, ha bisogno di persone che possano dare buone ragioni per la speranza».

Monsignor Delpini: «la responsabilità di dare speranza»
È stata questa la consegna che l’Arcivescovo, nella sua veste di gran Cancelliere della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano, ha lasciato ai molti presenti – docenti, studenti e sacerdoti, tra cui l’assistente ecclesiastico generale della “Cattolica”, monsignor Claudio Giuliodori – aprendo l’inaugurazione dell’Anno accademico 2025-2026 della Facoltà, in cui la prolusione è stata affidata al rettore dell’Università Cattolica, la Prof.ssa Elena Beccalli.

«La tecnologia, la complessità, la situazione complicata della società chiedono oggi qualche parola di sapienza e noi abbiamo la responsabilità di pronunciarla», ha concluso Delpini, dopo aver espresso «l’incoraggiamento e l’augurio per la collaborazione e la condivisione tra le nostre due istituzioni: la Facoltà Teologica e l’Università Cattolica del Sacro Cuore».
Un augurio che si fa compito per realtà educative e accademiche cristiane in senso pieno, come la “Cattolica”, la Ftis e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose.
«In questa Facoltà Teologica convergono molti giovani da altri Paesi, consacrate e consacrati da Nazioni che sono, forse, meno attrezzate di noi dal punto di vista intellettuale e meno dotate di mezzi materiali, ma sono più ricche di futuro. Questo comporsi della popolazione scolastica ci rende capaci di parlare al nostro tempo, di provocare anche le domande che non ci sono ancora, le attese abbandonate perché improbabili. A tutto e a tutti possiamo dire che ci sono ragioni di speranza».
Di una felice sinergia ha parlato anche il preside della Facoltà, don Angelo Maffeis.
Don Maffeis: l’identità ecclesiale
«La prolusione di oggi, affidata al Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, si colloca in continuità con altre presenze di rappresentanti del mondo accademico milanese che si sono succedute negli anni scorsi. Abbiamo così voluto esprimere il nostro desiderio di uno scambio e di un dialogo sempre più intensi con chi, seppure da punti di vita diversi, come noi si dedica allo studio, alla ricerca e all’insegnamento. Le nostre istituzioni sono radicate in una storia comune e custodiscono una medesima identità ecclesiale».
Le conclusioni del Preside sono state affidate a quanto scrisse l’allora arcivescovo Giovanni Battista Montini nel 1958 proprio per la Giornata dell’Università Cattolica. «Per costruire occorre pensare. Per pensare occorre un’organizzazione scolastica ad alto livello: occorre l’Università».
Don Conti: «Evitare le semplificazioni del sapere»
Da parte sua, il preside dell’Issrm, don Ermenegildo Conti, ha avviato il suo intervento dalla lettura di alcune righe tratte discorso tenuto da papa Leone XIV all’Università Lateranense, lo scorso 14 novembre, per l’inaugurazione dell’Anno accademico. «Il servizio accademico spesso non gode del dovuto apprezzamento – notava allora il Papa –, anche a motivo di radicati pregiudizi che purtroppo aleggiano pure nella comunità ecclesiale. Si riscontra a volte l’idea che la ricerca e lo studio non servano ai fini della vita reale, che ciò che conta nella Chiesa sia la pratica pastorale più che la preparazione teologica, biblica o giuridica. Il rischio è quello di scivolare nella tentazione di semplificare le questioni complesse per evitare la fatica del pensiero, col pericolo che, anche nell’agire pastorale e nei suoi linguaggi, si scada nella banalità, nell’approssimazione o nella rigidità». «L’indagine scientifica e la fatica della ricerca sono necessarie. Abbiamo bisogno di laici e preti preparati e competenti. Perciò, vi esorto a non abbassare la guardia sulla scientificità, portando avanti una appassionata ricerca della verità e un serrato confronto con le altre scienze, con la realtà, con i problemi e i travagli della società», proseguiva il Pontefice.
Da qui, per don Conti, tre indicazioni. «Evitare le semplificazioni, rimanendo consapevoli della complessità; non essere massimalisti, intransigenti e rigidi perché anche le sfumature sono segno di intelligenza; ricercare l’approfondimento, cioè non accontentarsi di ciò che è già conosciuto».
Infine, la parola è passata alla professoressa Beccalli con la sua prolusione, “Il potere dell’educazione e il futuro dell’Università”.

Beccalli: «Interpretare le domande di senso»
A partire da un’articolata riflessione «sull’educazione come una delle leve più efficaci e trasformative per promuovere lo sviluppo umano integrale globale», il Rettore ha affrontato la questione della rivoluzione culturale generata dal dilagare dell’Intelligenza artificiale che pone «questioni sempre più complesse, toccando in modo diretto la dimensione antropologica ed etica».
«Addentrandosi nel mistero dell’intelligenza – ha sottolineato Beccalli –, è importante chiarire sin da subito che la “vera” intelligenza non è algoritmica, perché consiste nella capacità di comprendere in profondità, di accogliere l’inatteso e di creare connessioni tra saperi diversi. Nasce, così, l’esigenza di distinguere tra la potenza computazionale della macchina e la facoltà intellettiva dell’essere umano. Una facoltà, quella dell’essere umano, che implica responsabilità, relazione e apertura al mistero. Per questa ragione, l’intelligenza artificiale prima ancora che in termini tecnici e di impatto sui sistemi economici, necessita di essere indagata per le sue implicazioni antropologiche. Implicazioni che chiamano in causa le domande fondamentali di senso, dal destino della persona alle categorie di spazio, tempo, libertà».
Quale, quindi, in un tale orizzonte, il ruolo dell’Università?
Le Università: il compito di fronte all’Intelligenza artificiale
«La rete delle istituzioni cattoliche può farsi promotrice del Patto educativo per le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale. In particolare, le Università cattoliche, le Pontificie e le Facoltà Teologiche insieme, possono operare come grandi laboratori dove coltivare intelligenza emotiva, spirituale, relazionale e sociale; esercitando con sapienza e creatività una ricerca accurata sulle questioni al cuore della complessa – e per molti versi affascinante – relazione tra intelligenza artificiale e umano; contribuendo a far emergere le potenzialità salutari che da essa possono derivare per i diversi ambiti della scienza e della realtà; guidandole sempre verso applicazioni che siano eticamente qualificate, chiaramente al servizio della coesione delle nostre società e del bene comune e volte a raggiungere nuove frontiere nel dialogo tra fede e ragione. Siamo pronti a dare il nostro contributo affinché l’impiego dell’Intelligenza artificiale sia sempre trasparente, mai ambiguo. Per fare in modo che ciò si verifichi occorre adottare un approccio che collochi la tecnologia entro un orizzonte di intelligenza relazionale. Un’intelligenza che intreccia legami; che valorizza l’interconnessione tra singoli e comunità e che fa della responsabilità condivisa, per il benessere integrale dell’altra, la sua più alta ambizione», ha, infine, sottolineato la professoressa Beccali, tra gli applausi.
